La vigna del Signore

“La vigna del Signore…”

Gesù è entrato nella città santa di Gerusalemme in mezzo ad acclamazioni e ha compiuto il gesto profetico della cacciata dei commercianti dal tempio; ora torna nel tempio per annunciare con parabole la venuta del regno dei cieli. In realtà si tratta di un’allegoria dove Gesù manifesta ai sacerdoti e agli anziani ciò che avrebbero fatto a Lui, ma è anche un racconto utile per la nostra vita.

L’agire del padrone per la vigna è immagine dell’amore premuroso di Dio verso di noi.
La vigna era un bene preziosissimo per un israelita Dire: “voi siete la vigna del Signore”, significava e significa dire, voi siete il bene prezioso di Dio; ogni vita è preziosa perché ogni uomo è il tesoro di Dio!

Ogni singola persona vale più di tutto l’universo.
Dio ha cura di noi, per lui valiamo tanto, la sua vita! Sarebbe bello riscoprire anzitutto la gratitudine verso il Signore: spesso vediamo il “bicchiere mezzo vuoto”, recriminando per ciò che non abbiamo.
Quante volte questo atteggiamento nasce dall’egoismo, dal non considerare, nella preghiera, i doni immensi di Dio, dal dono della vita al dono della Sua vita per noi: «Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me» ha detto San Paolo nella sua lettera ai Galati.

Come abbiamo visto la vigna viene affidata ai vignaioli che però rifiutano di dare i frutti al padrone.
Si sono appropriati di tutto, vivono bramosi di possedere, vogliono fare a meno del padrone arrivando ad ucciderne il figlio.
In fondo è la tentazione di voler essere Dio senza Dio, felici senza di Lui, eterni senza di Lui, facendone tranquillamente a meno.

Nella parabola viene il tempo del raccolto.
Per noi lo è ogni giorno: Dio ci chiede i frutti, i frutti buoni dello Spirito ovvero amore, pace, gioia, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé… che cosa trova in noi, nelle nostre famiglie, nella nostra comunità? Frutti buoni o acerbi?

I vignaioli rifiutano di rendere i frutti al padrone.
È avvenuto l’impensabile, l’assurdo: rifiutare Dio.
Il solo pensiero fa tremare: io posso deludere Dio! Posso spegnere un sogno, un’attesa, una speranza non di uno qualsiasi, ma di Dio stesso! Noi possiamo ferire il cuore paterno di Dio.

Sì, l’uomo può dire di no a Dio, ma è un no che produce tristezza, solitudine, inquietudine e infelicità.
Quante volte diciamo di no a Dio? Al bene, al mettere in pratica la sua Parola? Il rifiuto è causa di tristezza e perdita dei doni di Dio: il padrone consegna ad altri della vigna perché la facciano fruttificare.
Storicamente, la Chiesa ha rilevato la missione che un tempo è stata del popolo di Israele.

Ma qui c’è un messaggio per tutti noi: facciamo attenzione perché nella vita nulla è dovuto ma tutto è grazia e può anche essere perduto.
Non siamo proprietari dei doni di Dio: come ci sono affidati, così possono esserci tolti.
Perché ciò non accada, è importante coltivare la relazione con Dio, ad iniziare dalla gratitudine, alimentando la consapevolezza che tutto ci è donato e di tutto ci verrà chiesto conto.
Sì, tutto ci è donato perché possiamo donarlo e donarci a nostra volta, pronti a rendere a Dio i frutti del nostro operato.
Non scendiamo a compromessi con l’ingratitudine; apriamoci alla generosità di Dio.

(tratto da una riflessione dei “Missionari della via”)

Buona settimana da
don Gabriele don Marco