Due monaci in cammino verso il monastero incontrarono sulla riva del fiume una donna molto bella. Come loro, essa desiderava attraversare il fiume, ma l’acqua era troppo alta. Così uno dei due monaci se la pose sulle spalle e la portò all’altra sponda. Il monaco che era con lui era scandalizzato.

Per due ore intere lo rimproverò per la sua negligenza nel rispettare la santa regola: aveva dimenticato che era un monaco? Come aveva osato toccare una donna? E, peggio, trasportarla attraverso il fiume? E cosa avrebbe detto la gente? Non aveva screditato la loro santa religione?

E così via… Il monaco rimproverato ascoltò pazientemente l’interminabile predica. Alla fine l’interruppe dicendo: “Fratello, io ho lasciato quella donna al fiume. Non sarà che tu te la stai ancora portando dietro?”.

L’atto del peccare a volte è molto meno dannoso del desiderio e del pensiero del peccato. Una cosa è che il corpo indulga per un momento ad un atto piacevole, e tutt’altra cosa che la mente ed il cuore vi rimuginino all’infinito. Quando delle persone “religiose” non fanno che rimuginare sui peccati che altri commettono, sorge il sospetto che queste riflessioni procurino loro più piacere di quanto il peccato ne procuri al peccatore.