Vado al Padre ma resto qui con voi

Vado al Padre ma resto qui con voi

Gesù, dopo la sua Resurrezione, “si mostrò vivo ai suoi discepoli con molte prove”: la sua preoccupazione era quella di dare ai suoi discepoli delle “prove” di quella che non era certo stata una passeggiata né tantomeno una cosa facilmente comprensibile, ovvero la sua morte in croce e il suo ritorno alla vita.

Fu talmente difficile vincere i loro dubbi e le loro diffidenze, che Gesù decise di ricorrere ancora una volta al “quaranta”, al numero del cammino del popolo d’Israele nel deserto e anche dell’inizio della sua missione, con i quaranta giorni passati nel deserto.
In quei giorni, Gesù parla ai discepoli del “Regno di Dio”.

Tutto era iniziato con l’annuncio del Regno, tutto si conclude con l’inaugurazione del Regno di Dio.
E dei suoi discepoli insieme con lui: i quali, stiamo pure certi, di questo Regno di Dio han capito poco o nulla.

Al punto che se ne escono con una domanda che per loro rappresentava la conclusione naturale di un cammino: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il Regno per Israele?”.

E questo perché la maggior parte di loro aveva confuso l’idea del “Regno” con qualcosa di politico.
Come facciamo noi quando ci permettiamo di dire a Dio che dovrebbe mettere mano a ‘questo mondo, che dovrebbe intervenire con il pugno di ferro, che dovrebbe essere più efficace nel far capire la propria parola agli uomini…

Gesù è chiaro: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti di Dio. A voi spetta la forza dello Spirito Santo, per essere miei testimoni fino agli estremi confini della terra”. “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”.

Se quei due uomini in bianche vesti – che si presentarono così agli apostoli mentre guardavano Gesù salire in cielo – si rivolgessero così a noi oggi?
Credo che la risposta non sarebbe affatto difficile: “Piuttosto che guardare alla terra, meglio guardare il cielo, vista la disperazione che c’è qui!”.

E difatti, quante volte abbiamo guardato il cielo con un senso di speranza e di attesa.
Ma quante volte abbiamo anche guardato il cielo… così, senza un perché.

Sarà per la nostalgia delle “cose di lassù”, anche solo per evitare di pensare a quelle “di quaggiù”, di cui ci siamo un po’ stancati…

Sarà perché guardare il cielo forse ci apre la mente e il cuore, ci aiuta ad avere degli orizzonti più ampi…
Vuoi guardare il cielo? Guardalo, ma non fissarlo. Guarda le cose del cielo, perché sicuramente ti allargano il cuore; ma non essere fissato con le cose del cielo.

Il cielo si guarda per ricevere forza dall’alto e poi si riparte decisi con lo sguardo a terra e le maniche rimboccate a costruire qui, oggi, quel Regno di Dio che spesso per comodità invochiamo dall’alto, che scenda e spiani tutto, ripartendo da capo.
No, così è troppo comodo: e soprattutto, non serve a nessuno.
Dio ha bisogno di gente che guardi al cielo, che si riempia gli occhi, gli sguardi e il cuore di cielo, e che si metta a costruire qui, oggi, sulla terra, nella sua vita di ogni giorno, il Regno di Dio.