Spargi nei nostri cuori il seme del tuo regno di verità e di grazia, 13 giugno 2021

La Parrocchia Informa
(foglio settimanale della parrocchia di Vellezzo e Giovenzano)

Riprendendo il cammino del tempo ordinario la liturgia aiuta attraverso la proclamazione dei brani evangelici che narrano le parabole del Regno.
La Liturgia odierna mette a confronto la grazia di Dio e la nostra libertà. Grazia di Dio e libertà dell’uomo contraddistinguono tutta la storia cristiana, e in essa interpellano oggi anche la nostra storia personale.
I due brani di Ezechiele (Prima Lettura) e di Marco (Vangelo) sono tra loro strettamente legati sia per le immagini che adoperano come per il tema trattato: quello della crescita del regno di Dio e la sua estensione senza limiti. Per comprendere la parabola del seme che cresce nascostamente dobbiamo portarci al tempo di Gesù. Tutto era lasciato alla fertilità del suolo, il quale spontaneamente faceva crescere la pianticella e il frutto. E interessante notare che, dei quattro versetti che compongono la parabola, tre sono spesi per descrivere il processo misterioso della crescita: il seme cresce e si sviluppa senza che l’uomo intervenga in qualsiasi maniera. Che dorma o che vegli, il risultato rimane invariato.
Sembra questo il punto focale dal quale collocarci per comprendere non solo questa parabola, ma anche quella analoga del granello di senapa.
Entrambe le parabole, infatti, mettono in chiara evidenza la inadeguatezza e l’assoluta irrilevanza degli strumenti umani, che Dio usa per realizzare il suo Regno.
Siamo nella stessa ottica di san Paolo, quando afferma categoricamente: «Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere» (1 Cor 3,6). Se da un punto di vista teologico le letture sottolineano la libera e pienamente gratuita iniziativa di Dio nell’avvento del suo Regno, sul piano operativo esse richiamano il cristiano ad alcuni atteggiamenti fondamentali del suo agire. In questo contesto di povertà e di disponibilità, il Vangelo suggerisce un altro atteggiamento: la pazienza. Se la realizzazione del Regno non dipende da me, saprò essere paziente. Il cristiano opera, ma con mentalità nuova, cosciente che Dio agisce in lui, ma senza legarsi al suo tempo, ai suoi desideri.
Cosciente che è Dio che chiama, quando e come vuole; egli si serve di noi, ma non sappiamo in che modo, in quale occasione e verso quali persone. La vera povertà è questa: fare tutto senza attribuirci il merito di nulla; operare con tutte le nostre forze senza pretendere di vedere il raccolto. La Parola di Dio ci accompagna oggi nella contemplazione del Dio nascosto, del Padre che opera nel silenzio e nella segretezza.
Un silenzio di trent’anni avvolge la vita stessa di Gesù; scriveva P. David Maria Turoldo in un suo testo: «Poiché ha vissuto così familiarmente con noi nel villaggio, spartendo lealmente il nostro genere di vita, capisco ora questo suo stile, questo suo modo di incedere sulla via del mondo, escludendo ogni ricorso a preparazioni suggestive, a frasi arcane, a sussulti, a spasimi».
La grande verità del regno di Dio si riduce all’immagine umile di un seme, piccolo e nascosto, che comunque germoglierà, nonostante l’uomo non sappia come. Afferma S. Ignazio di Loyola: «Da parte tua agisci come se tutto dipendesse da te, poi lascia alla Provvidenza divina come se tutto dipendesse dal Signore».

Buona domenica e buona settimana
Don Gabriele