Mentre il giorno stava per finire

Mentre il giorno stava per finire

Ci sono cose, nella vita, che accadono quando meno te l’aspetti.
E non sono tutte cose brutte, o amare sorprese.
Semplicemente, sono cose insperate, che accadono senza essere alimentate dalla speranza: e dal momento che speranza e attesa sono, in fondo, le due facce di un’unica medaglia, ciò che non è (o non è più) oggetto di speranza, di fatto non è più neppure atteso.
E quando giunge in maniera improvvisa, ci coglie – appunto – alla sprovvista e mette in subbuglio le nostre esistenze.
Quanti esempi di eventi inattesi potrebbe citare ognuno di noi, e molti di essi giunti magari nel momento in cui la vita iniziava a rabbuiarsi, ad andare verso una sera che non necessariamente è quella dell’età.
Ci sono tante “sere” nella vita, tanti momenti in cui tutto sembra finire, soprattutto la speranza: e sono i momenti nei quali una novità che arriva dirompente non lascia certo il tempo che trova.

Ti scuote, ti rivoluziona, ti fa ribollire dentro, magari ti fa anche un po’ male perché smuove le giunture dell’anima: ma è sempre qualcosa di profondamente decisivo.
È qualcosa che ti fa perdere la paura, che ti fa correre nel buio della notte, come fece fare a quei due tali che da Gerusalemme stavano tornando al loro villaggio di Emmaus, privi di speranza.
E poi, l’intuizione di chiedere a quello sconosciuto “Resta con noi, perché è sera”: e accorgersi che in quella sera della vita i loro occhi si riaprono alla speranza.

Capitò così anche la sera di quel giorno, il giorno di Pentecoste, i Dodici, riuniti in un luogo a porte chiuse – chiuse come il loro cuore alla speranza – stanno per assistere alla conclusione dell’ennesimo giorno di festa trascorso come un giorno qualsiasi, senza alcuna voglia di festeggiare la Legge di Mosè che il Maestro aveva insegnato loro a superare, né di gioire per i frutti di una terra che ora non avevano più, perché per seguire lui avevano lasciato tutto in case, campi, terreni e familiari.

E così, mentre il giorno stava per finire, all’improvviso dal cielo arriva qualcosa che nessuno aspettava più, qualcosa che non rientrava nelle loro attese, qualcosa che sconvolge il loro torpore, qualcosa che illumina a giorno anche la sera più buia, qualcosa che non li può lasciare indifferenti, qualcosa che sconvolge talmente le loro vite da prendere possesso addirittura della loro bocca e della loro voce permettendo loro di parlare in lingue diverse e totalmente sconosciute a chi, a mala pena, biascicava qualcosa di ebraico, perché ognuno sapeva solo l’aramaico materno.

No, qui ora si parla greco, latino, arabo, e le più diverse lingue della terra: perché è arrivato qualcosa che non riesce a lasciare indifferenti, e quando arriva ti sconvolge l’esistenza, senza neppure lasciarti il tempo di ragionare se aderirvi o no, perché la sua forza ti trascina per strada ad annunziare le grandi opere di Dio.

A te, che non speravi più nemmeno di poter imparare qualcosa di nuovo, lo Spirito mette sulla bocca un linguaggio nuovo, e così anche agli altri, ognuno diverso, eppure tutti quanti ci si capisce.

Perché il linguaggio è diverso, ma la sostanza è la stessa: è il linguaggio dell’amore, ed è universale.

E ciò che più sconvolge, è il fatto che arriva alla sera della vita, mentre il giorno di Pentecoste stava per finire.

Sembra proprio che per Dio, e per il dono del suo Spirito, non è mai troppo tardi.