La Risurrezione di Lazzaro

La Risurrezione di Lazzaro

Nel Vangelo di Giovanni, dei miracoli di Gesù ne sono raccontati sette, dei quali si evidenza il carattere di “segno”.

Sono infatti segni che aiutano a capire quello che Gesù è per il credente: dono di gioia, pane di vita, luce dell’esistenza, energia per il cammino…

Ciascun segno deve orientare l’attenzione del discepolo verso “l’Ora di Gesù”, cioè l’ora delle croce, in cui Dio rivela tutto il suo amore per noi dandoci il Figlio, e il Figlio unigenito mostra di amarci totalmente offrendo se stesso fino alla morte.

Da questo evento scaturisce il dono della salvezza, della vita piena e definitiva.

Quanto avviene allora a Betania, per Lazzaro, che viene richiamato alla vita dalla morte, diventa segno della speranza di ogni credente nella vittoria sulla morte.

È una vittoria non assicurata tanto dal un principio di immortalità presente in ciascuno di noi, quanto dall’amicizia di Gesù, dal suo indefettibile amore per noi.
Questo non significa che il discepolo di Gesù sia sottratto al dramma della morte, al pianto del lutto; Gesù stesso infatti ha il volto rigato di lacrime davanti alla tomba dell’amico Lazzaro.
Il discepolo riconosce la propria fede nella parole che Gesù rivolge a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”.
Resta vero che, di fronte al buio della morte, spesso il cuore vacilla nel dubbio, è in conflitto tra la fede e l’incredulità perché ciò che sembrerebbe prevalere ed avere l’ultima parola sarebbe proprio la morte.

Nel racconto ascoltato questo conflitto è simboleggiato da una parte dal fetore della morte, e dall’altra dal buon profumo dell’amore segnalato fin dall’inizio del racconto ricordando Maria che cosparge di olio i piedi del Maestro.

Ebbene, il fetore della morte non ha il sopravvento, perché l’intero racconto è avvolto dal profumo dell’amore.

Narrando quanto successo a Lazzaro Giovanni annota il “ritardo” all’arrivo alla casa degli amici da parte di Gesù.

Un ritardo scomodo e sconvolgente ma che vuole aprire ad una profonda risposta di fede. Sarà cosi per Maria e Marta e deve essere così per ciascuno di noi!

“Se tu fossi stato qui” è il rimprovero delle sorelle, che è, da subito, seguito dalla affermazione di Marta “So che risusciterà nell’ultimo giorno”.

Se Marta è già aperta alla fede e alla speranza, Maria è ancora paralizzata dal dolore della perdita.

È la sorella che la invita ad uscire dalla rassegnazione e dalla disperazione per rafforzare la propria fede nel Signore e rianimare la speranza.

Noi tutti dobbiamo imparare da Marta: nel nostro vivere l’annuncio di speranza della risurrezione come la vittoria sulla morte.
Forte e sconvolgente è la scena finale che manifesta la potenza e la vittoria di Gesù, Signore della vita.
Davanti al sepolcro, davanti alle umani opposizioni, si leva la voce del Maestro, che anticipa quella della fine dei tempi, in cui egli, il Figlio dell’uomo che ha ricevuto il potere dal Padre, richiamerà tutti i morti alla vita.
E il suo comando di sciogliere Lazzaro dalle bende è un chiaro invito a porre in essere atti di liberazione dell’uomo da tutto ciò che, in qualche modo, rappresenta la vittoria delle forze di morte.