III domenica di AVVENTO, 12 dicembre 2021
«RALLEGRIAMOCI nel SIGNORE»
Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore.

Rallegratevi… il Signore è vicino!: la vicinanza di Dio rafforza la nostra fede e nutre il cammino quotidiano verso l’incontro a cui ogni credente tende come fine della sua vita La liturgia di questa domenica, definita “gaudete” è ricolma di parole quali gioia, letizia, esultanza.
Per il cristiano tutto questo nasce, ed è segno, dalla presenza dello Spirito Santo.
Ogni uomo, nel profondo, sente il bisogno di una gioia autentica che non può essere trovata nel piacere, nel benessere, nel consumismo che la nostra società ci propone come modelli.
Per identificare la vera gioia, dobbiamo volgere il nostro sguardo non verso noi stessi, ma verso Dio. Prendere il tempo di cercare, di amare, di sperare, significa impegnarsi decisamente a discernere, attraverso le di-verse gioie che sono alla portata di tutti, la vera sorgente della gioia.
Gesù stesso ha conosciuto e apprezzato le gioie umane che impreziosiscono la vita quotidiana: la gioia della madre che attende un figlio, quella degli invitati al banchetto di nozze, la gioia del pastore che ritrova la pecora perduta, quella della donna che ritrova la sua moneta o del padre che festeggia il ritorno del figlio e tante altre ancora.
Ma il Cristo ci ha anche mostrato che la gioia la si riceve da un Altro.
È attraverso la spoliazione della propria volontà e l’abbandono alla volontà del Padre che egli ci ha rivelato la radice di ogni gioia autentica.
Bisogna accettare questo paradosso per conoscere la gioia che è l’oggetto del nostro desiderio più profondo, ma non può essere né conquistata né meritata.
Chi pone la sua vita sotto lo sguardo di Cristo e sa riconoscere che Dio l’ama e gli cammina accanto, conosce le primizie della vera gioia.
Essa non elimina né la sofferenza, né la prova, ma consente di resistere anche in tali circostanze. In ultima analisi, la gioia cristiana, quella che non viene meno, sgorga dal mistero pasquale di Cristo, dalla sua morte e risurrezione, e deve essere accolta come il frutto dello Spirito, il che non esclude lo sforzo dell’uomo per vivere questa vita nello Spirito.
Mentre il paese è nella massima miseria morale, Sofonia proclama il suo messaggio e annuncia giorni migliori per Gerusalemme (I lettura).
Anche san Paolo (II Lettura) conferma questa realtà ed esorta a saper leggere negli avvenimenti questa presenza di Dio.
Se il Signore è tra noi, noi «che cosa dobbiamo fare?» (Vangelo).
Giovanni indica un comportamento preciso in segno di conversione: non fare dell’egoismo il criterio dell’agire, non approfittare del mestiere o della professione per arricchirsi ingiustamente.
Il fatto di avere nei cieli un Padre comune che ci ama e che possiamo
incontrare non può non essere una sorgente di gioia per i cristiani: una gioia che va comunicata, riversata sui fratelli. Troppi hanno trasformato il cristianesimo in musoneria, troppi soffocano tra gli sbadigli l’assemblea eucaristica. Questo tempo, eccessivamente problematico, ha affievolito il gusto della festività e della fantasia. Celebriamo ancora delle feste, ma mancano spesso di brio e di emozione.
La pace e la gioia nascono non da una situazione esterna ottimale ma da una serenità interiore per la fiducia nel Dio che si fa vicino.
La preparazione al Natale “cristiano” stimola a non lasciarsi “cadere le braccia” di fronte alle difficoltà odierne, ma ad impegnarsi per cambiare la storia in forza del “Salvatore potente” e dei “pensieri in Cristo Gesù”.

«La gioia è preghiera, la gioia è fortezza, la gioia è amore, la gioia è una rete d’amore, con la quale voi potete arrivare alle anime. Dio ama chi dona con gioia. Dona di più chi dona con gioia. La miglior via per mostrare la nostra gratitudine a Dio e alla gente è di accettare tutte le cose con gioia. Un cuore contento è il risultato normale di un cuore che brucia d’amore. Non lasciate entrare in voi nulla di triste che possa farvi dimenticare la gioia di Cristo. Tutti aneliamo al cielo dove abita Dio, ma noi abbiamo in nostro potere di stare in cielo con lui anche adesso, di essere felici con lui in questo preciso momento. Ma l’essere felici con lui adesso significa: amare come ama lui, aiutare come aiuta lui, dare come dà lui, servire come serve lui, salvare come salva lui, stare ventiquattro ore con lui, raggiungere lui nel suo doloroso travestimento» (S. Teresa di Calcutta).

Buona domenica e buona settimana da don Gabriele